IL RATTO DELLE SABINE |
Secondo Plutarco essi erano di origine sabina, ed avevano come capitale il villaggio di Caenina, citata da Plinio il Vecchio nella sua lista di "Città scomparse del Lazio arcaico". Da alcune iscrizioni si sa che quasi certamente il villaggio sorgeva sull'area dell'odierno quartiere di Colli Aniene.
Questa popolazione venne assorbita dai Romani, dopo la vittoria che Romolo, il primo re di Roma, ottenne nel 751 a.c. contro di loro quando sfidò ed uccise il loro comandante, ottenendo le "Spolia opima". Ciò viene citato nei Fasti trionfali:
"Romolo, figlio di Marte, re, trionfò sul popolo dei Ceninensi (Caeniensi), calende di marzo (1º marzo). » (Fasti trionfali, 2 anni dalla fondazione di Roma.)
La capitale Caenina, villaggio del Latium vetus, una tra le più antiche che si ricordino. Secondo Dionigi di Alicarnasso era di origine greca, fondata dai cosiddetti Aborigenes ed i suoi abitanti erano detti pertanto Caeninenses.
Esistono due miti su Caenina, riportati da Plutarco e Dionigi di Alicarnasso, che si riferiscono alla più antica raccolta dei miti romani eseguita da Quinto Fabio Pittore:
- Nel I mito Romolo e Remo all'età di 18 anni si scontrarono coi pastori di Numitore per il diritto sui pascoli, e Remo fu catturato in un'imboscata mentre Romolo si trovava a Caenina per celebrare un rito sacrificale.
- Nel II mito ci si riferisce al "Ratto delle Sabine". Dopo il quarto mese dalla fondazione di Roma, nel mese di agosto, Romolo trovò sottoterra nel Circo Massimo una statua del Dio Conso, e organizzò la festa per il Dio detta "Consualia". Furono invitati gli abitanti di Caenina, di Antemnae, di Crustumerium e tutti i Sabini. Durante la festa scoppiò una rissa e tutte le donne straniere furono rapite dai Romani.
Per vendicare l'offesa Caenina, Antemnae, Crustumerium e i Sabini si allearono contro i romani. Impaziente Acrone, re di Caenina, affrontò da solo i Romani e in un duello con Romolo fu da questi ucciso. Nel racconto di Tito Livio, Romolo, dopo aver ucciso in duello il re, guida i Romani all'assalto di Caenina, che viene presa al primo assalto.
La cronologia degli eventi è fissata dalla storiografia tradizionale, che si basa sulla fonte di Livio, al I e II anno dalla Fondazione di Roma, quindi tra il 753 ed il 751 a.c. Quindi Romolo, in veste purpurea su una quadriga, portò in trionfo le spoglie di Acrone sul Campidoglio e le appese sulla quercia sacra di Giove Feretrius a cui dedicò un tempio. La processione organizzata da Romolo per dedicare le armi del nemico vinto fu il modello del futuro corteo trionfale.
La dedicazione della spolia opima fu un onore concesso solo tre volte nella storia di Roma:
- a Romolo uccisore di Acrone,
- ad Aulo Cornelio Cosso vincitore dell'etrusco Tolumnio re di Veio,
- a Marco Claudio Marcello che uccise Viridomaro, re del popolo gallico dei Gesati.
Dopo aver sconfitto tutti i nemici il Senato romano deliberò che gli abitanti delle città vinte Antemnae e Caenina si dovessero trasferire a Roma e che le due città fossero trasformate in colonie, mentre per un altro racconto dovettero accettare che i romani vi stabilissero una colonia di circa 300 uomini, cui furono cedute terre dei Ceninesi estratte a sorte. A Caenina si stabilirono 300 coloni romani, e il suo territorio fu annesso all'Ager Romanus destinato alla tribù rustica della Gens Menenia.
Si tramanda che un sacerdote caeniniense apparisse a Roma per molti anni dopo che la città era sparita. Strabone la ricorda come una tra le città del Latium scomparse da molto tempo. Gli autori classici non sono concordi se fosse una città dei Sabini, dei Latini oppure una colonia di Alba Longa
IL TRIONFO DI ROMOLO |
TITO LIVIO (ab Urbe Condita)
"Quell'affronto (del ratto delle sabine) riguardava in parte Ceninensi, Crustumini e Antemnati. Sembrò loro che Tito Tazio e i Sabini agissero con eccessiva flemma: perciò questi tre popoli si prepararono a combattere da soli. Ma, a giudicare dall'animosità e dall'ira dei Ceninensi, neppure Crustumini e Antemnati si muovevano con sufficiente prontezza; così i Ceninensi invadono da soli il territorio romano.
Ma mentre stavano devastando disordinatamente la zona, gli va incontro Romolo con l'esercito e, dopo una ridicola scaramuccia, dimostra loro la vanità dell'ira non sorretta da forze adeguate. Sbaraglia la schiera nemica, la mette in fuga e ne insegue i resti sbandati; quindi si scontra in duello col re, lo uccide e ne spoglia il cadavere; dopo aver eliminato il comandante dei nemici, si impossessa della loro città al primo assalto.
Ricondotto indietro l'esercito vincitore, dimostrò che il suo eroismo nel compiere le imprese non era inferiore alla capacità di valorizzarle: portando le spoglie del comandante nemico ucciso su una barella costruita all'occorrenza, salì sul Campidoglio, lì, dopo averle deposte presso una quercia sacra ai pastori, insieme con l'offerta tracciò i confini del tempio di Giove e aggiunse un epiteto al nome del Dio:
"Io, Romolo, re vittorioso, offro a te, Giove Feretrio, queste armi di re, e consacro il tempio entro questi limiti che ho or ora tracciato secondo la mia volontà, in modo tale che diventi un luogo demandato alle spoglie opime che quanti verranno dopo di me, seguendo il mio esempio, porteranno qui dopo averle strappate a re e comandanti nemici uccisi in battaglia".
Questa è l'origine del primo tempio consacrato a Roma. Così, da quel giorno in poi, piacque agli Dei che fosse legge la parola del fondatore del tempio (e cioè che i posteri avrebbero dovuto portare lì le spoglie), e che la gloria di un tale dono non fosse svilita dal numero elevatissimo di chi la poteva ottenere. Da allora tanti anni sono passati e tante guerre sono state combattute: ciò nonostante, altre due volte soltanto si presero spoglie opime: così rara fu la fortuna di quell'onore. "