CATONE IL CENSORE ( premessa )
L'opposizione di Catone ai brillanti e innovativi Scipioni e alla cultura greca ne fa arguire un'intransigenza moralistica e caparbia. Catone non mise in discussione il ruolo dirigente degli aristocratici, ma volle riformarlo nei contenuti morali. Egli vedeva nell’ascesa e nel culto di singoli individui un pericolo per la comunità, in quanto il potere e il successo conseguiti nel coso dei secoli da Roma non erano dovuti al valore di pochi condottieri, ma al valore di tutto il popolo.
In realtà Roma si era distinta per i suoi valorosi e intelligenti generali che con lungimiranza avevano saputo fare strategie, combattere e addestrare le truppe. Impedendo la loro ascesa si metteva in ombra la loro competenza e la possibilità di sfruttarla.
Catone era contro il culto del personaggio, era contro le donne, contro la gloria e i meriti dei più bravi, ed era contro il lusso causa secondo lui della degenerazione dei costumi. Egli esaltava la parsimonia, la moderatezza, l’esperienza della campagna, il disinteresse nell’esercizio delle cariche pubbliche, la resistenza al lavoro e alla fatica e ne faceva la base per lo sviluppo e il mantenimento di una società sana e forte. Ma era contrario alla libertà femminile, al mostrarsi in pubblico agghindate mentre le avrebbe volute murate in casa come ai vecchi tempi.
Inoltre odiava la diffusione del culto ellenistico, perché esaltava le individualità, perchè si poneva domande anzichè accettare di sana pianta le tradizioni, perchè apprezzavano la bellezza e il nudo femminile e cercavano il gusto estetico anzichè la sobrietà spartana.
Catone rifiutò di celebrare dunque le grandi personalità che si erano distinte nel corso delle guerre di Roma, come era invece uso comune anche nei carmina convivalia, da parte degli esponenti dell'aristocrazia.
Cicerone:
"Nelle Origines, quell'autorevolissimo scrittore che è Catone ci dice che ai banchetti dei nostri antenati vigeva questa usanza: quelli che sedevano dovevano cantare a turno, accompagnati dal flauto, le nobili imprese e le virtù dei grandi uomini, Questa è una prova evidente che anche allora esistevano la musica e la poesia."Egli invece, polemicamente e con una punta di invidia, evitò di citare i nomi di qualsiasi condottiero o magistrato, limitandosi a riportarne la qualifica istituzionale.
Catone riproponeva così l'interpretazione della storia romana, come realizzazione operata da un intero popolo tramite la graduale instaurazione di un solido sistema statale. Sembra che in tutta l'opera Catone nominasse solamente l'oscuro tribuno militare Quinto Cedicio, che diviene nel suo eroismo il simbolo dell'intero popolo romano e portatore dei valori tradizionali.
Nelle Origini Catone infatti narra come il tribuno militare Quinto Cecidio, durante le operazioni in Sicilia della prima guerra punica, propose di distogliere l'attenzione del nemico con un manipolo di quattrocento uomini votati alla morte e si offri volontario per il comando del manipolo. L'azione diversiva permise al console di portare in salvo l'esercito che si trovava in posizione sfavorevole e Cecidio, stando a Catone, si salvò miracolosamente nonostante le molte ferite.
QUINTO CECIDIO
Siamo dunque nel 258 a.c., in era repubblicana, e la guerra è iniziata da 8 anni, Roma combatte i cartaginesi in Sicilia, probabilmente poco prima della Battaglia di Erice, e le legioni romane si vengono a trovare in posizione sfavorevole e pericolosa.
Il console Caio Sulpicio Patercolo è in una situazione addirittura disperata occupando con le truppe una stretta pianura costiera, fronteggiata da un'altura tenuta dai cartaginesi. I romani erano intrappolati, per giunta in estate col caldo che aumentava di ora in ora. Romani e punici attendevano la mossa dell'avversario prima di combattere, ma non appena i romani fossero avanzati, i cartaginesi li avrebbero bersagliati dall'alto e attaccati con maggiore slancio scendendo di corsa. Se invece i punici fossero rimasti fermi sul colle, per i romani sarebbe stata dura farli sloggiare. Oppure i cartaginesi avrebbero bloccato i romani fra la loro posizione e il mare fino a che i capitolini si fossero stufati e avrebbero dovuto attaccare per non morire di sete.
Al che il valoroso tribuno Quinto Cecidio, in un atto di assoluta dedizione alla Patria ed alla Repubblica, si offrì per guidare una manovra diversiva che impegnasse i cartaginesi e permettesse al grosso dei romani di disimpegnarsi. Chiesti al console 400 uomini, Cedicio si staccò dallo schieramento romano, occupò la collina più bassa e si fece massacrare dai cartaginesi, che, alquanto imprudentemente, attaccarono subito e tutti insieme il manipolo di valorosi romani, abbandonando la loro favorevole posizione. Nel frattempo Patercolo, guidò le legioni in colonna, occupando il colle tenuto fino a poco prima dai cartaginesi. Ora erano i romani ad essere in vantaggio e ad aver bloccato i nemici.
Narra Gellio:
"Un comandante cartaginese in terra siciliana, durante la Prima Guerra Punica, sopravanzò tanto celeramente l'esercito romano da occupare per primo i colli e i luoghi più ideonei alla battaglia. Un certo tribuno romano venne (allora) dal console per mostrargli quanto insidioso fosse il luogo dove i romani si erano schierati. Disse al comandante: "Se desideri conservare il comando ordina che 400 soldati occupino il monte meno elevato. Una volta avanzati i nemici, e quando (gli stessi) avranno visto ciò, si affretteranno per combattere dalle loro posizioni favorevoli contro di loro. Nel frattempo, mentre i nemici saranno occupati in quel massacro, avrai il tempo di far marciare le truppe su una posizione più vantaggiosa. Non c'è altra via di salvezza se non questa". Rispose il console: "Ma chi mai sarà colui che condurrà questi 400 uomini?". "Se non troverai nessuno tra gli altri (6 tribuni della legione), io sono pronto: per questa cosa offro la mia vita a te ed alla Repubblica". Il console espresse al tribuno ringraziamenti e lodi. Il tribuno e i restanti (400) soldati tenuti come riserva andarono incontro a morte certa."
Comunque Cecidio sopravvisse, rinvenuto ferito, dopo che l'esercito romano aveva vinto i cartaginesi, sotto un monte di cadaveri. Curato attentamente fece poi ritorno a Roma dove venne premiato con una corona d'oro, la cosiddetta corona triumphalis assegnata solitamente al generale vittorioso.
L'opposizione di Catone ai brillanti e innovativi Scipioni e alla cultura greca ne fa arguire un'intransigenza moralistica e caparbia. Catone non mise in discussione il ruolo dirigente degli aristocratici, ma volle riformarlo nei contenuti morali. Egli vedeva nell’ascesa e nel culto di singoli individui un pericolo per la comunità, in quanto il potere e il successo conseguiti nel coso dei secoli da Roma non erano dovuti al valore di pochi condottieri, ma al valore di tutto il popolo.
TRIBUNO ROMANO |
Catone era contro il culto del personaggio, era contro le donne, contro la gloria e i meriti dei più bravi, ed era contro il lusso causa secondo lui della degenerazione dei costumi. Egli esaltava la parsimonia, la moderatezza, l’esperienza della campagna, il disinteresse nell’esercizio delle cariche pubbliche, la resistenza al lavoro e alla fatica e ne faceva la base per lo sviluppo e il mantenimento di una società sana e forte. Ma era contrario alla libertà femminile, al mostrarsi in pubblico agghindate mentre le avrebbe volute murate in casa come ai vecchi tempi.
Inoltre odiava la diffusione del culto ellenistico, perché esaltava le individualità, perchè si poneva domande anzichè accettare di sana pianta le tradizioni, perchè apprezzavano la bellezza e il nudo femminile e cercavano il gusto estetico anzichè la sobrietà spartana.
Catone rifiutò di celebrare dunque le grandi personalità che si erano distinte nel corso delle guerre di Roma, come era invece uso comune anche nei carmina convivalia, da parte degli esponenti dell'aristocrazia.
Cicerone:
"Nelle Origines, quell'autorevolissimo scrittore che è Catone ci dice che ai banchetti dei nostri antenati vigeva questa usanza: quelli che sedevano dovevano cantare a turno, accompagnati dal flauto, le nobili imprese e le virtù dei grandi uomini, Questa è una prova evidente che anche allora esistevano la musica e la poesia."Egli invece, polemicamente e con una punta di invidia, evitò di citare i nomi di qualsiasi condottiero o magistrato, limitandosi a riportarne la qualifica istituzionale.
Catone riproponeva così l'interpretazione della storia romana, come realizzazione operata da un intero popolo tramite la graduale instaurazione di un solido sistema statale. Sembra che in tutta l'opera Catone nominasse solamente l'oscuro tribuno militare Quinto Cedicio, che diviene nel suo eroismo il simbolo dell'intero popolo romano e portatore dei valori tradizionali.
Nelle Origini Catone infatti narra come il tribuno militare Quinto Cecidio, durante le operazioni in Sicilia della prima guerra punica, propose di distogliere l'attenzione del nemico con un manipolo di quattrocento uomini votati alla morte e si offri volontario per il comando del manipolo. L'azione diversiva permise al console di portare in salvo l'esercito che si trovava in posizione sfavorevole e Cecidio, stando a Catone, si salvò miracolosamente nonostante le molte ferite.
QUINTO CECIDIO
Siamo dunque nel 258 a.c., in era repubblicana, e la guerra è iniziata da 8 anni, Roma combatte i cartaginesi in Sicilia, probabilmente poco prima della Battaglia di Erice, e le legioni romane si vengono a trovare in posizione sfavorevole e pericolosa.
Il console Caio Sulpicio Patercolo è in una situazione addirittura disperata occupando con le truppe una stretta pianura costiera, fronteggiata da un'altura tenuta dai cartaginesi. I romani erano intrappolati, per giunta in estate col caldo che aumentava di ora in ora. Romani e punici attendevano la mossa dell'avversario prima di combattere, ma non appena i romani fossero avanzati, i cartaginesi li avrebbero bersagliati dall'alto e attaccati con maggiore slancio scendendo di corsa. Se invece i punici fossero rimasti fermi sul colle, per i romani sarebbe stata dura farli sloggiare. Oppure i cartaginesi avrebbero bloccato i romani fra la loro posizione e il mare fino a che i capitolini si fossero stufati e avrebbero dovuto attaccare per non morire di sete.
Al che il valoroso tribuno Quinto Cecidio, in un atto di assoluta dedizione alla Patria ed alla Repubblica, si offrì per guidare una manovra diversiva che impegnasse i cartaginesi e permettesse al grosso dei romani di disimpegnarsi. Chiesti al console 400 uomini, Cedicio si staccò dallo schieramento romano, occupò la collina più bassa e si fece massacrare dai cartaginesi, che, alquanto imprudentemente, attaccarono subito e tutti insieme il manipolo di valorosi romani, abbandonando la loro favorevole posizione. Nel frattempo Patercolo, guidò le legioni in colonna, occupando il colle tenuto fino a poco prima dai cartaginesi. Ora erano i romani ad essere in vantaggio e ad aver bloccato i nemici.
Narra Gellio:
"Un comandante cartaginese in terra siciliana, durante la Prima Guerra Punica, sopravanzò tanto celeramente l'esercito romano da occupare per primo i colli e i luoghi più ideonei alla battaglia. Un certo tribuno romano venne (allora) dal console per mostrargli quanto insidioso fosse il luogo dove i romani si erano schierati. Disse al comandante: "Se desideri conservare il comando ordina che 400 soldati occupino il monte meno elevato. Una volta avanzati i nemici, e quando (gli stessi) avranno visto ciò, si affretteranno per combattere dalle loro posizioni favorevoli contro di loro. Nel frattempo, mentre i nemici saranno occupati in quel massacro, avrai il tempo di far marciare le truppe su una posizione più vantaggiosa. Non c'è altra via di salvezza se non questa". Rispose il console: "Ma chi mai sarà colui che condurrà questi 400 uomini?". "Se non troverai nessuno tra gli altri (6 tribuni della legione), io sono pronto: per questa cosa offro la mia vita a te ed alla Repubblica". Il console espresse al tribuno ringraziamenti e lodi. Il tribuno e i restanti (400) soldati tenuti come riserva andarono incontro a morte certa."