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SABRATHA (Libia)

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Tripoli, 16 maggio 2013:

Un team del Dipartimento delle Antichità ha visitato oggi l'antico sito romano di Sabratha, per vedere se vi siano danni intercorsi nel terremoto della scorsa settimana.

"Si tratta di un controllo visivo preliminare," capo dell'ufficio Unesco in Libia, Ludovico Folin Calabi, ha detto alla Libia Herald di oggi. "L'ispettore locale ha detto che non ci sono danni apparenti, ma il Dipartimento delle Antichità è l'invio di una squadra per fare ulteriori controlli."

Ha aggiunto che l'Unesco sarebbe fare una più approfondita visita ai primi di giugno, per avviare un'analisi strutturale, che è necessario per stabilire l'entità di eventuali danni, che non può essere visto ad occhio nudo.

"Abbiamo bisogno di controllare l'intera città, ma soprattutto il teatro", ha detto Folin Calabi. Infatti il sito archeologico di Sabratha è stato inserito dall'Unesco tra i patrimoni artistici dell'umanità.



IL LUOGO

Sabrata è una città della Libia nord-occidentale, a circa 70 km a ovest di Tripoli e a circa 100 km dal confine con la Tunisia. Città della costa della Tripolitania, nacque da un emporio fenicio verso la prima metà del I millennio a.c. per il commercio che dall'interno del continente, attraverso Cydamus, scendeva al mare. Insieme a Oea (Tripoli) e Leptis Magna è una delle tre città che hanno dato il nome alla Tripolitania.

Nei pressi della città moderna restano le rovine dell'antica città che nel 1982 sono state inserite nella lista dei Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO.

Questo sito archeologico è situato sulla costa mediterranea, a circa 1,5 km a nord ovest dal centro della moderna Sabratha, in Libia.

Esso è stato riportato alla luce nel 1920 dagli archeologi italiani, diretti da Renato Bartoccini, che hanno anche parzialmente ricostruito gran parte dei reperti oggi presenti nell'area.

Il più antico stanziamento fenicio e la prima città punica sono nell'area più tardi occupata dal Foro e sue adiacenze.

Lo dimostrano i resti di vasi attici a figure rosse, forse del V sec. a.c. e i resti di costruzioni pre-romane in pietra e mattoni crudi, rivelati dai saggi in profondità eseguiti in questa zona, e dalla ubicazione della zona stessa rispetto allo specchio d'acqua chiuso tra il litorale e una antistante fila di scogli, unico posto ove potessero rifugiarsi le navi.

Dell'impianto più antico il quartiere mantenne anche più tardi l'irregolare conformazione, solo parzialmente corretta dall'apertura del Foro e dalla costruzione degli edifici con esso connessi.

Tracce di un muro di età punica sembra siano state riconosciute circa sulla linea settentrionale del Foro stesso, ma certo già da questo periodo l'abitato dovette notevolmente estendersi, come prova anche la necropoli scoperta dal Bartoccini circa 300 m a S del teatro, con tombe a inumazione e a cremazione; una sola di queste tombe era a camera con pozzo verticale di accesso, del tipo frequente nel mondo punico e punico-romano.

La suppellettile, non ricca, di ceramiche (brocche, anfore, balsamari, lucerne) di uso comune, di pochi vetri e, in una tomba, di elementi di collana in pasta vitrea con figurine di chiara provenienza egizia, ci riporta ai secoli immediatamente precedenti la nostra èra (III-II a.c.).

TEATRO


LA STORIA

Sabratha fu fondata nel VII sec. a.c. dai Fenici di Tiro in uno dei pochi porti naturali della Tripolitania e divenne ben presto un avamposto commerciale allo sbocco di un'importante via carovaniera.

Per questa sua posizione strategica, Sabratha conobbe un rapido sviluppo e cadde ben presto sotto il controllo di Cartagine.

Con Leptis ed Oea costituì così nell'impero marittimo di Cartagine la regione degli Emporia, che, tra la II e la III guerra punica, Massinissa aggregò al regno di Numidia; è incerto se, come Leptis, passasse dalla parte di Roma durante la guerra di Giugurta.

Fu solo nel 46 a.c. che, avendo Cesare posto fine al regno di Numidia, entrò a far parte della provincia romana d'Africa.

Dopo un periodo di influenza greca, la città subì gravi danni da un terremoto (attorno al 65-70 dc), che fornisce l'impulso per una completa ristrutturazione romana.

Questa è stata intrapresa da Marco Aurelio e figlio Commodo, che ha colto l'occasione per demolire alcune parti della vecchia città punica edificandovi i nuovi imponenti edifici pubblici.

CONCORDIA AFRICANUS
Intorno al 158 fu celebrato a Sabratha, avanti al tribunale del proconsole Claudio Massimo, il processo contro Apuleio che, accusato di magia, si difese con l'Apologia, scritto arguto e divertente, in cui appaiono alcuni aspetti della vita cittadina sabratesca.

Già fiorente al tempo di Augusto, come provano le monete di questo periodo e le prime costruzioni del Foro, raggiunse un alto grado di prosperità nella II metà del II sec. d.c.: epoca del quartiere del teatro, il teatro stesso ed altri edifici religiosi e civili della città

Poco dopo le venne concesso il diritto di colonia da parte di Antonino Pio.

Continuò la prosperità della città anche nel secolo seguente, infatti è del principio del III sec. la statio Sabratensium del piazzale delle corporazioni di Ostia, testimone dei rapporti commerciali tra Sabratha e Roma in questo tempo.

La maggior parte della città romana fu però distrutta da terremoti nel 306-10 dc e ancora nel 365 dc, dopo di che è stato ripreso dai cristiani bizantini, e poi occupata dai Vandali.

Il magnifico teatro romano, monumento principale di Sabratha e il più grande edificio così in Africa, è stato scavato e ricostruito dagli archeologi italiani nel 1930.

Numerosi edifici pubblici vennero ricoperti di preziosi marmi, mentre a quell'epoca risale il monumentale teatro in riva al mare. Nel momento del suo apogeo, Sabratha contava circa 20.000 abitanti.

Il declino iniziò nel IV secolo, con la graduale decadenza dell'impero romano e le prime incursioni di popolazioni berbere:  il commercio con l'Africa era meno attivo, la città fu devastata da dispute religiose, in particolare le discordie religiose fra cattolici e donatisti che portarono a sommosse ed eccidi, e gran parte fu distrutta da terremoti, in particolare quello del 365 dc.

Ricevette un colpo gravissimo dalle incursioni degli Austuriani del 363-366; dei danni di esse e degli sforzi fatti dai Sabratensi per rialzarsi da tanto colpo, grazie anche agli aiuti sollecitati dal governo imperiale, abbiamo molteplici prove da testi epigrafici e dai restauri che ebbero allora varî monumenti, soprattutto nella zona del Foro.

I Vandali di Genserico, che si impadronirono della Tripolitania nel 449 - 455, abbatterono le mura della città, disinteressandosi completamente di essa e della regione.

La città conobbe altro breve periodo di vigore soltanto con la riconquista bizantina: è a Giustiniano che si deve la costruzione della basilica dal magnifico mosaico pavimentale.

Poi, con le invasioni arabe del sec. VII e dell'XI, la città fu del tutto abbandonata, a vantaggio di Oea, divenuta il solo grande centro abitato della regione fra le due Sirti.




GLI SCAVI

Gli scavi archeologici hanno scoperto più di metà della superficie della città antica, tra cui l'area forum, molte delle installazioni sul porto, e un grande quartiere residenziale del II sec. dc. adiacente ad un teatro.

Durante il II e III sec. dc. avvenne la costruzione dei grandiosi monumenti, di cui il più celebre è quella del teatro, probabilmente costruito durante il regno dell'imperatore Commodo (161-92 dc), con i suoi tre ordini di colonne della frons scenae.

Altri edifici romani includono terme, i templi, e fontane; vestigia cristiane comprendono una catacomba e quattro chiese.

Tempio di Liber Pater, Basilica di Giustiniano, e Mosaici della Casa di Giasone Magno, Capitolium, il Tempio di Serapide, il Tempio di Ercole e il Tempio di Iside.

Fu eseguito un programma di ricostruzione, ma la città occupava ora un'area molto più piccola.
I Vandali invasero Sabratha in 455 e demolirono le mura.

La riconquista bizantina non ha, tuttavia, segnano l'inizio di una vera e propria rinascita e la città fu definitivamente abbandonata dopo le invasioni arabe del VII e XI sec.



LA CITTA' ROMANA

La città romana si sviluppò invece sia al di sopra di quella punica, sia allargandosia sud e ad est  di essa, come si evince facilmente dai nuovi quartieri ad assi ortogonali.

Il decumano massimo ne costituì la grande strada che costeggiava il mare. Questo, venendo da oriente, piegava verso sud-ovest, tra il quartiere nuovo e la città vecchia, con un tetrapilo di cui restano pochi avanzi, che ne sottolineava il cambiamento di direzione.

LA SVASTICA
Il cardine massimo invece, è da identificare con quello su cui fu più tardi aperta la porta bizantina, all'incirca all'estremità dell'area del Foro, probabilmente corrispondente all'ultimo tratto della carovaniera proveniente dal sud. Lo sviluppo del quartiere orientale avvenne verso la metà del II sec. dc., l'età del teatro, del tempio di Ercole, delle Terme di Oceano e di molti altri monumenti.

Se la città avesse mura nell'alto Impero Romano non si sa. ma si sa che nel IV sec., dopo le incursioni degli Austuriani, fu costruita la cerchia di cui restano alcuni avanzi ad oriente, presso il tempio di Iside, che da essa rimase in parte tagliato fuori.

Dopo la conquista giustinianea i Bizantini si limitarono, come al loro solito, a difendere con una nuova cinta muraria solo l'abitato più prossimo al porto; delle mura bizantine restano alcuni tratti e una porta nella parte meridionale.

Di pietra intonacata furono assai spesso fatti anche gli elementi architettonici, colonne, basi, capitelli; ma nel periodo migliore, a cominciare dal II sec., abbastanza largamente fu usato anche il marmo, breccia corallina, cipollino, marmo di Simitthu, marmo bianco, tutti importati di fuori.

Considerata nell'aspetto complessivo, Sabratha non presenta particolari caratteristiche di impianto e di decorazioni che la differenzino dal maggior numero delle città romane dell'Africa settentrionale; somigliando soprattutto a quelle della Bizacena e della Tripolitania occidentale.

Nettamente invece si distingue da Leptis e forse anche, a giudicare dal non molto che ne conosciamo, da Oea, più simili, per grandiosità e ricchezza di monumenti, alle città della parte orientale dell'Impero.

I materiali usati nelle costruzioni non furono dei migliori, le proporzioni furono modeste, gli elementi decorativi non raggiunsero il raffinato gusto romano, ad eccezione di pochi, dovuti probabilmente ad artisti o artigiani importati da Roma o dalla Grecia.

Non brilla neppure per l'esecuzione, non solo delle statue onorarie e di divinità rinvenute nei diversi edifici, ma anche della fronte del pulpito del teatro, che pure, nel fatto stesso di averla voluta così decorata, denota una notevole importanza, insomma il carattere dell'ambiente sabratense era piuttosto provinciale, come d'altronde in quasi tutte le province romane.

Anche i mosaici, seppur molto ricchi di motivi geometrici e figurati, degli edifici più ricchi, e nemmeno i resti di pitture del teatro e di alcune case, importanti perchè numerosi e ben conservati più che altrove.

Ciò tuttavia dipende dal fatto che il deserto aveva avuto cura di coprirli alla iconoclastia cristiana, e pure dal fatto che lo scavo sia avvenuto molto tardi, quando era più apprezzato il loro valore, e più evolute erano le tecniche del rinvenimento, per cui si è avuto molta cura nel raccoglierli e poi nel restaurarli.

In più non essendoci leggi restrittive in merito come avviene nella cultura occidentale, pur rispettando e mettendo in evidenza l'antico, si è voluto ripristinare quanto più possibile delle parti mancanti, con grande piacere visivo dei turisti, cosa che è considerata blasfema in Italia, dove molti monumenti, soprattutto a Roma, se restaurati delle parti mancanti potrebbero sia dare un'idea molto più chiara della antica romanità.

Questi rifacimenti parziali permetterebbero inoltre una conservazione molto migliore dei monumenti, e sia consentirebbero un infinitamente maggiore afflusso dei turisti.

Il che consentirebbe di operare tutti quegli scavi che oggi non solo non si operano una volta scoperti i tesori sotterranei, ma spesso se ne lascia il compito ai tombaroli o ad altro che preferiamo non menzionare.

C'è da aggiungere poi, per ciò che riguarda Sabratha, che gli scavi operati sono tuttora minimi rispetto al complesso, per cui sarebbe arrischiato giudicare gli schemi decorativi e lo stile preferito nella città, perchè molto potrebbe ancora sorprenderci.

Alcuni di essi sono stati datati al II sec., altri al IV: in effetti i primi mostrano una certa tal quale, sia pure contenuta, maestria di chiaroscuro e un'efficacia impressionistica, che gli altri invece sono ben lungi dall'avere, ridotti come sono a semplici disegni colorati.

Quanto agli schemi decorativi desta meraviglia, nelle pareti della Casa dell'Attore Tragico, l'insieme di architettura e pittura molto vicina a quelle del II stile e del IV: tuttavia la casa è inserita nel quartiere sviluppatosi nel corso del Il sec. d.c.

Unica vera opera che si solleva al di sopra del più comune livello dei prodotti artistici sabratensi è il mosaico della basilica giustinianea, probabilmente opera di un artista estraneo all'ambiente.




LA RIAPPROPRIAZIONE DELLA STORIA


E 'una delle più straordinarie attrazioni turistiche della Libia. La città romana di Sabratha, vecchia di 2000 anni, è una delle più perfettamente conservate dal mondo antico. Ha templi, un forum e uno splendido teatro sulle rive del mar mediterraneo con le sue onde di turchese che lambiscono dolcemente le coste.

Venerdì scorso un piccolo plotone di combattenti dell'opposizione liberato ufficialmente, salendo sul retro della spettacolare facciata colonnata del teatro. Al vertice hanno strappato la bandiera verde svolazzante sopra le rovine, un simbolo del regime odiato di Muammar Gheddafi, ancora aggrappato al potere per circa 45 Km lungo la costa.

"Gheddafi è la storia repressa. La maggior parte della storia prima del 1969 è scomparsa da qui," Sefakes Faties, un ragazzo di 23 anni, studente di medicina, ha detto, osservando un paesaggio di colonne di acanto e un tempio di Dioniso. "Tutto ciò che è stato è stato cancellato dalla realtà. Niente è più vero. Gheddafi ha manipolato la nostra storia. Ora vogliamo la nostra storia indietro."

Altro splendido sito archeologico della Libia, la città romana di Leptis Magna, che si trova nei pressi di Zlitan - est di Tripoli - che i ribelli hanno affermato di controllo il Venerdì.

Nell'auditorium gigante del teatro Sabratha i ribelli hanno cercato di impostare la luce sulla bandiera. Dietro di loro c'era una serie di bellissimi pannelli romani. Vi sono raffigurati muse, dei, tre grazie carnose - uno con un impressionante fondo e un altro in possesso di uno specchio ovale e una serie di attori comici mascherati. 

Faties disse che aveva visitato Sabratha dieci anni fa in gita scolastica. 

Le forze anti-Gheddafi hanno preso Sabratha il Mercoledì dopo tre giorni di battaglia furiosa, con mortai e cannoni antiaerei sollevate attraverso le strade principali. 

Fori di proiettile crivellarono la chiesa all'italiana e il municipio dipinto di bianco e pistacchio. 

I ribelli hanno sequestrato un edificio centrale e un caffè - i piani superiori di un rudere fumante - poi avanzarono sotto il fuoco a quattro punte della città.

Uno dei protagonisti ribelli era Akram Mohamad, 43 anni, un tester MOT da Manchester. Mohamad è un attivista anti-Gheddafi che è tornato in patria dal Regno Unito due mesi fa. 

Ha detto che la battaglia è conclusa alle 07:00 il Mercoledì, quando l'accampamento militare della Nato ha polverizzato Sabratha. "Mr Nato venne e mise sei missili su di esso", ha detto, aggiungendo: ". Senza la coalizione non staremmo vincendo lo sanno tutti."

Venerdì scorso il campo era una fisarmonica schiacciata di muratura e metallo contorto. 

Le bombe sbarcati direttamente sulla mensa ufficiali. Due soldati di Gheddafi sono stati uccisi, Mohamad ha detto, con gli altri in fuga. 

A $ 180-a-notte l'hotel Gamer Sabratha dalle porte di ingresso in vetro miracolosamente ancora aperti. 

Nella hall le milizie dell'opposizione stavano dormendo sui divani arancioni. Manifesti turistici ornavano le pareti. 

Hanno incluso foto di attrazioni libici e slogan accattivanti in inglese - "Io amo la Libia", "Benvenuti in archeologia, la Libia è un sogno ad occhi aperti" e "serenità e armonia, fascino ed emozione".

I verniciatori ribelli, però, avevano già avuto modo di lavorare. Accanto ai manifesti sono stati nuovi slogan in arabo, "Free Libya" e "Abbasso Gheddafi".

"Sono così felice. Abbiamo avuto 40 anni di ingiustizia", ​​ha detto. Quanto tempo è che i turisti sono tornati? "Forse un anno", ha suggerito.

Bandiere del Governo giacevano sulla strada principale, accanto alle copie strappate del Libro Verde, trattati eccentrici di Gheddafi sulla filosofia politica. 

Le copie - preparati da "il centro del mondo per gli studi e le ricerche del Libro Verde" - erano in diverse lingue, tra cui russo, e comprendeva diverse frasi: "Il Parlamento è una fortificazione di democrazia" e "La democrazia è una direzione del popolo, e non auto-espressione del popolo ".

Tornando al teatro Faties ha detto di sperare che la nuova Libia avrebbe preso più cura del suo patrimonio antico - fenicia, greca, romana, bizantina. "E 'così antica. Tutto è stato cambiato dagli anni. D'ora in poi conservarla e prendersene cura."

MAPPA DEL SITO (zommabile)


SITI DI INTERESSE ARCHEOLOGICO

- Tempio di Iside
- Basilica (greca-berbara) di  Apuleius di Madora (Basilica del tribunale)
- Tempio di Serapide
- Museo romano
- Mausoleo di Bes
- Basilica di Giustiniano
- Il Foro
- Il teatro
- Le Terme accanto alla spiaggia
- Il Tempio di padre libero
- Il Capitolium
. Le Mura bizantine
- La Curia
- Il Tempio di Antonino
- L'anfiteatro
- La casa del Peristilio

TEATRO


IL TEATRO

Il monumento più importante del sito è il teatro romano, costruito in terreno pianeggiante nel quartiere orientale tra la fine del II sec. e il principio del III, e cioè tra l'età degli Antonini e quella di Severo.

La cavea, rivolta a settentrione, è sorretta da sostruzioni a tre ordini sovrapposti di arcate (due soli in parte ricostruiti), incorniciate da pilastri tuscanici e scandite da basse lesene corinzie sostenenti la trabeazione. Non si conosce lo stile del III ordine, ma si sa che aveva una fila di mensole a sostegno dei pali del velario.

Dietro le arcate dell'ordine più basso girava, tutto intorno all'emiciclo, un ambulacro, dal quale si poteva salirsi ai piani superiori o passare in un secondo ambulacro concentrico, più interno. Forse vi erano inserite delle tabernae. Le due arcate alle estremità immettevano direttamente nell'orchestra.

La cavea era spartita in tre meniani, ed ognuno di questi in sei cunei; la coronava in alto un portico a colonne; alla base di essa, e da essa invece divisi da una balaustra, stavano nell'orchestra i tre bassi gradini destinati ad accogliere i seggi mobili della proedria.

Il pulpito, a nicchie rettangolari e semicircolari alternate, con due scale alle estremità per salire dall'orchestra al piano della scena, è decorato a rilievo con grande cura con scene e figure isolate; il rilievo è ora più ora meno accentuato.

Nella grande nicchia semicircolare al centro è una scena riguardante Roma e Sabratha, con la storica concessione del diritto di colonia alla città, con una scena di sacrificio e un'altra di libazione ai lati, e le la Dea Roma con elmo e scudo, vestita come un Amazzone, al suo fianco c'è la Tychè Sabratha e ai lati militari in divisa.

Le altre due nicchie semicircolari hanno invece scene di soggetto mitologico: le Muse da una parte, le tre Grazie e il giudizio di Paride dall'altra. Nelle nicchie rettangolari, più piccole, infine scene di commedia e di mimi, e negli avancorpi tra nicchia e nicchia figure isolate di divinità o di danzatrici.

Uno stretto canale dietro la fronte del pulpito serviva per la manovra del velano. Il pulpito, largo m 8,55, aveva in origine il piano tutto in legno sostenuto da travi; forse nei restauri del IV sec. lungo i bordi di esso fu disteso un rozzo mosaico a grosse tessere.

La fronte-scena, ricostruita nei due ordini inferiori e in parte del terzo, è in tre grandi nicchie semicircolari,  chiusa sui due lati dalle versurae, con al fondo delle nicchie tre porte, la regalis al centro, lehospitales ai lati.

Lungo tutta la fronte e nelle versurae si distendevano tre ordini sovrapposti di colonne diverse di marmo e nel fusto, bianche e colorate, lisce, scanalate e tortili: in corrispondenza delle tre porte esse formavano dei protiri rettilinei, che interrompevano l'alternanza di linee rette e curve determinata dalle nicchie semicircolari e dagli avancorpi tra esse.

Dietro alla scena, oltre alle tre porte, se ne aprivano altre secondarie che davano accesso agli ambienti di risulta tra nicchia e nicchia e, alle estremità, a due scale per salire sull'alto della costruzione, per la manutenzione e per le necessità degli spettacoli. Di un'iscrizione che correva sull'architrave dell'ordine inferiore non resta che una parola, "lacuna".

RETRO DEL TEATRO

L'edificio della scena era integrato da due ampie sale rettangolari ai lati, per usi degli spettacoli, data la connessione con il pulpito.

Sul retro correva un portico, che, con le sue due ali laterali, chiudeva uno spazio quadrangolare in parte sistemato a giardino.

Da frammenti di intonaco dipinto con figure, rinvenuti durante lo scavo in vari punti dell'edificio, dobbiamo dedurre che varie parti di esso erano decorate di pitture.

La parte più spettacolare e meglio conservata è la scena, ricomposta con frammenti originali e suddivisa su tre livelli con colonne di marmo sovrapposti.

La scalinata è ben conservata e sui suoi 11 gradini circolari potevano trovare posto circa 5.000 persone.



IL FORO

Il Foro con i suoi annessi occupa il centro del nucleo più antico.
Esso comprende, oltre la piazza vera e propria, due templi, la basilica, la curia; ma altri templi sorgevano nelle immediate sue adiacenze, a sud ed a nord.

La piazza, la cui prima sistemazione risale verosimilmente al principio dell'Impero, era in origine fiancheggiata da tabernae, solo più tardi, nel II sec., sostituite da portici a colonne.

Tra gli edifici che lo circondano, i più antichi sembrano essere il tempio di Liber Pater ad oriente e quello di Serapide all'angolo nord-occidentale.

A sud e a nord della piazza si innalzano rispettivamente la basilica e la curia.



LE TERME

Pur non essendo state rinvenute, almeno fino ad ora delle grandi terme pubbliche, sono però emersi
quattro stabilimenti di bagni di piccole e medie dimensioni.

Vicino al mare vi è l'edificio più grande, le cosiddette Terme a mare a nord-est del Foro, e poi un altro minore, non lontano dal tempio di Iside, le Terme dette di Oceano per la grande testa di Oceano che orna una grande sala absidata, forse un tepidario, verso l'estremità orientale della Città. Diversi mosaici colorati molto ben conservati sono visibili in queste terme prospicienti la spiaggia.

Un terzo edificio balneare è stato rinvenuto nel quartiere a nord del teatro; mentre un quarto a sud presso l'ingresso agli scavi; anche se quest'ultimo poteva essere uno stabilimento privato.

Di nessuno di essi abbiamo una pianta esatta e completa, ma avevano stanze con vasche, latrine, apodyteria ecc. Tutti sono decorati di mosaici geometrici o a figure: nel primo furono rinvenute anche due statue di Liber Pater e di ninfa velata.

MAUSOLEO DI BES


IL MAUSOLEO DI BES

Nella zona ovest, al di qua' delle mura bizantine che circondano il Forum ed i templi romani, si trova il mausoleo di Bes, del II secolo a.c., di architettura punico - ellenistica.

Questo mausoleo è stato in gran parte ricostruito da archeologi libici dopo il 1920.




I TEMPLI

Nella zona ovest sono posti invece il Forum con alcuni templi e altri monumenti. Fra questi il tempio di Antonino, il tempio di Giove e la Basilica cristiana fatta costruire da Giustiniano con il pavimento a mosaico (visibile nel museo).

Altri interessanti monumenti di epoca romana sono: il Tempio di Liber Pater, il Tempio di Serapide, il Tempio di Ercole e, nella zona est, sul mare, il Tempio di Iside.

Altri due templi sono a sud del Foro. Uno subito dietro la basilica, della quale anzi determinò, quando fu costruito nella seconda metà del II sec., la soppressione dell'abside dell'esedra originaria.
Non si sa a quale divinità fosse dedicato.
Si alzava contro il muro di fondo di una corte, con portici sugli altri tre lati, accessibile, come nel tempio precedente, da levante.
Le due ali laterali del portico terminavano ad abside, conforme una disposizione che ritorna anche in altri templi dell'Africa.

CAPITOLIUM

Il Capitolium

Tra i templi, posizione e aspetto prevalente ha il tempio del lato ovest, e cioè il Capitolium. Il tempio era di tipo italico: sorgeva su un alto podio, nel quale erano ricavate delle favisse, e presentava sulla fronte, rivolta a levante, una piattaforma accessibile da due scale laterali.

Probabilmente probabile che essa servisse, come sovente, da tribuna per gli oratori; una seconda scala, che si sviluppava su tutta la larghezza della fronte, metteva in comunicazione la piattaforma con la cella.

A questa si entrava per tre porte e probabilmente essa era anche all'interno divisa in tre ambienti.

All'esterno sei colonne sulla fronte e quattro sui lati la circondavano, mentre un muro continuo ne chiudeva il tergo e le due ali dei colonnati laterali, da cui dovevano sporgere dallo stesso muro di fondo due semicolonne o due pilastri.

L'edificio, costruito interamente in pietra nella prima metà del I sec. d. c., fu in gran parte rifatto in marmo nel II secolo.



Tempio al Dio Pater Liberus

PATER LIBER - GIOVE
Corrispondeva al Capitolium, sul lato opposto della piazza del Foro, un altro tempio, dedicato sembra a Liber Pater, una delle divinità più venerate nell'Africa, ipostasi dello Shadrapa punico.

Il tempio, preceduto verso la piazza dal portico di questa, era circondato sugli altri tre lati da un colonnato doppio, ionico e tuscanico, alquanto sopraelevato sul piano da cui spiccava il podio dell'edificio.

Probabilmente il portico deriva da un restauro di età post-costantiniana, appunto menzionato in un'iscrizione.

Una gradinata sulla fronte dava accesso alla cella, in origine circondata da colonne su tre lati, più tardi su tutti i quattro lati.

Del tempio più antico resta qualche avanzo entro il podio di quello attuale, insieme con le tracce di un altro edificio ancora più antico, probabilmente una casa, il cui diverso orientamento prova essere stata innalzata prima che la zona ricevesse la sistemazione rimasta poi invariata per tutto l'Impero.

TEMPIO DI SERAPIDE

Tempio di Serapide

Nello stesso quartiere del Foro, nelle immediate adiacenze della piazza, sono stati messi in luce altri tre templi, tutti con la medesima planimetria, e cioè con la cella al centro o al fondo di una corte porticata.

Il più vicino alla piazza è il tempio che sorge all'angolo nord-occidentale di essa, tra il Capitolium e la curia.

Il suo orientamento, leggermente diverso da quello di questi altri edifici e della piazza stessa, lo fa supporre anteriore alla sistemazione di questa.

Da un'immagine del Dio ritrovata al suo interno si desume fosse dedicato a Serapide.

Il tempio vero e proprio è al centro della corte, con la fronte a levante preceduta da una gradinata, e probabilmente tetrastila. Gli altri muri esterni della cella erano ornati di pilastri o lesene in stucco.


Tempio Antoniniano

Altro tempio importante per dimensione e fattura,  è quello denominato "Tempio antoniniano", perché eretto sotto l'impero di M. Aurelio e L. Vero dal proconsole M'. Acilio Glabrione, si apre su una piccola piazza, ornata di una fontana, tra la basilica, il tempio testé descritto e il Foro.

La sua fronte era rivolta ad occidente; anch'esso si alzava al fondo di una corte preceduta da un vestibolo, o propileo a colonne; il podio era molto alto e in esso erano ricavate due stanze; una lunga scalinata saliva al pronao, tetrastilo, ma con due altre colonne al posto delle ante.

I muri della cella erano esternamente decorati da pilastri scanalati; l'interno fu in tempi molto tardi trasformato in sepolcro, il che lo salvò dalla distruzione.


Tempio di Ercole

Dagli scavi è emerso anche un sesto tempio, sempre dello stesso tipo, e cioè con la cella su podio al fondo di una corte, le cui ali terminano ad abside, locato nel quartiere a nord del teatro, con la fronte sul decumano massimo.

Vanne costruito nel 186 d.c. e dedicato ad Ercole, una cui immagine, del tipo dell'Epitrapezios, sta ancora avanti la gradinata.

Era riccamente ornato, non solo di marmi policromi, di pitture nelle pareti dei portici e nelle absidi al fondo di questi.

RICOSTRUZIONE IN ARANCIONE


Tempio di Iside

Il tempio vero e proprio stava al centro di una corte circondata da colonne corinzie su tutti i quattro lati, sopraelevate di quattro gradini al di sopra del piano della corte stessa.

Il tempio, situato vicino al mare, al margine orientale della città, era totalmente diverso dagli altri.

TERME
Costruito sotto il proconsolato di G. Paccio Africano probabilmente su una più piccola cappella già dedicata alla Dea, aveva attorno al tempio un recinto, a cui si accedeva da est attraverso un ampio vestibolo, preceduto da una gradinata.

Il vestibolo disponeva di due file di colonne. La prima fila di era ininterrotta per tutto il vestibolo, la seconda era invece interrotta, al centro e ai lati, da tre porte che immettevano nell'interno del santuario. Altre due porte si aprivano nel muro meridionale del recinto.

Come di solito, il tempio sorgeva su podio piuttosto alto, con gradinata sulla fronte, e ai lati del vestibolo si alzavano due torri quadrangolari, con la loro interno due sale ad esedre rettangolari. Altri ambienti di diversa grandezza si affacciavano sul lato interno del recinto opposto a quello dell'ingresso, evidentemente riservati al culto della Dea o di altre divinità, come mostra una esedra con basi per statue, oltre a un pozzo-altare per il culto.

 All'esterno del tempio tre coppie di cubi quadrangolari, in corrispondenza delle tre porte del vestibolo, interrompevano sul lato est le file dei gradini.

All'interno del podio, accessibile da una porta sul retro, si aprivano un corridoio perimetrale e due stanze a volta al centro; un altro corridoio lo attraversava in corrispondenza dell'ultimo gradino della scalinata portando a un'ampia cisterna sotterranea.
È probabile che la cella fosse divisa, per la lunghezza, in due ambienti, corrispondenti alle due stanze del podio.

Una frana del terreno e la cinta di età tarda, che  in questo punto veniva a cadere sul mare, hanno distrutto o alterato la fronte e l'angolo nord-est dell'edificio.

IL TEATRO


LA CURIA

Si presenta oggi come dopo i danni dell'invasione degli Austuriani, ma è da credere che, almeno l'aula vera e propria delle adunanze, fosse grosso modo collocata come l'odierna.
Essa ripete infatti lo schema degli edifici pubblici romani: una sala quadrangolare, preceduta da un breve vestibolo, nella quale corrono sui due lati maggiori tre gradini destinati ad accogliere i seggi mobili dei decurioni; lungo il lato di fondo sta la piattaforma sopraelevata per la presidenza; lungo tutte le pareti sono nicchie per statue.

Singolare tuttavia qui a sud il fatto che l'aula delle adunanze non si apriva direttamente sulla piazza, ma su una corte porticata piuttosto ampia, di cui l'aula stessa occupava non il lato di fondo, ma un fianco, quello di ponente.

La corte, circondata da colonne, aveva invece nel lato di fronte agli ingressi dalla piazza un'esedra rettangolare, absidata, ornata di due colonne, evidentemente destinata ad accogliere l'immagine di una divinità.

La diversità di materiale, il reimpiego di marmi provenienti da altri edifici, lo stile stesso del mosaico a grosse tessere adoperato per il pavimento di alcune parti dell'edificio, sono tutte prove del restauro che questo subì in età tarda.

CASA DEL PERISTILIO


LA BASILICA GIUDIZIARIA

La basilica giudiziaria, sul lato meridionale del Foro, ha subito anch'essa notevoli modifiche attraverso i tempi, prima di essere trasformata in chiesa cristiana e, come tale, venire ancora snaturata.

La sua prima costruzione risale alla metà del I sec. d.c., un'aula di forma quadrangolare accessibile da una porta al centro del lato lungo verso la piazza e circondata tutto all'intorno sui quattro lati da un colonnato.

Lo spazio centrale doveva essere coperto da un lucernario e da un tetto di legno, più alto dei tetti delle ali circostanti, come nel tipo delle basiliche più antiche.

A questi antichi modelli di basilica riporta infatti anche l'ampia esedra absidata, con ambienti minori ai lati che, preceduta da quattro colonne, si apriva di fronte all'ingresso.

Sul secondo lato lungo dell'edificio è probabile che l'esedra servisse, oltreché da tribunale, anche da cappella per il culto imperiale, come Vitruvio ci dice per la basilica di Fano, dato che in essa furono rinvenute numerose statue imperiali loricate dell'età dei Flavi e di Traiano.

Nella seconda metà del II sec., col rivestimento marmoreo dell'edificio, questo, abolita l'abside dell'esedra primitiva, venne ampliato ad ovest con una nuova tribuna absidata, fiancheggiata  da due stanze più piccole. Infine nel IV sec., dopo le distruzioni degli Austuriani, la basilica, rimpicciolita in larghezza e in lunghezza, assunse la forma della basilica a due absidi contrapposte, usufruendo in parte dei muri originari e in parte costruendone di nuovi.



LE 4 BASILICHE CRISTIANE


La prima basilica

Quattro basiliche sono tornate in luce, due nel quartiere del Foro, e altre due nel quartiere a nord del teatro. Delle prime l'una, più antica, fu adattata nella I metà del V sec., e cioè non molto tempo dopo che l'edificio era stato restaurato dai danni delle incursioni degli Austuriani, nella basilica civile a sud del Foro.

DIO OCEANO
Si trattò di un adattamento e di un rifacimento dell'edificio abbandonando per circa un terzo la parte orientale di esso con la relativa abside.

Venne riedificato il muro settentrionale, e costruita una nuova abside avanti a quella occidentale, la chiesa cristiana fu notevolmente più piccola di quella che era stata la basilica civile; ebbe l'abside ad occidente e la fronte, con le tre porte di ingresso, rivolta ad oriente.

Due nuovi colonnati, costituiti ognuno da file di colonne binate, ne dividevano l'interno in tre navate; quasi al centro della navata centrale stava l'altare, probabilmente ligneo, sotto un ciborio sostenuto da colonnine.

L'abside, sopraelevata, era scandita all'apertura da due pilastri di recupero, come del resto tutti gli altri elementi architettonici dell'edificio: quello dei pilastri ancora superstite presenta una decorazione a volute di acanto e animali fra esse, dello stile ritenuto afrodisense, analogo cioè a quello dei pilastri della basilica severiana di Leptis Magna, ma forse di qualche decennio anteriore.

L'abside occidentale originale della basilica civile, rimasta divisa dalla nuova abside da uno spazio scoperto, accolse una piccola vasca quadrangolare per il battistero. Sia questo spazio, sia la parte ad oriente esclusa dalla chiesa, furono adibiti a cimitero.

Dopo la riconquista bizantina fu rifatto, rialzandolo, il pavimento; sotto il ciborio l'altare, ora di marmo, fu posto al di sopra di una piattaforma messa insieme, ahimè, con basi di colonne rovesciate: un piccolo incavo al centro era destinato ad accogliere un reliquiario; la navata centrale venne, mediante una transenna o balaustra, isolata dalle laterali.
Abbandonato il battistero primitivo, e messo al suo posto un altare sormontato da un ciborio, un nuovo fonte fu sistemato al centro della sala a crociera attigua alla basilica, già servita come luogo di adunanze; esso ebbe la forma a croce, così frequente nella stessa Tripolitania e nel resto dell'Africa dal VI sec. in poi.


La seconda basilica

La seconda basilica del quartiere del Foro fu costruita ex novo in età bizantina, a nord della curia, fra questa e il mare, dedicata da Giustiniano, e ricordata da Procopio.

Essa appare assemblata con materiali di recupero, e il calcare usato in alcune parti fu sicuramente preso dalle cave di Leptis. La fronte è a ponente e, affacciata su una piccola piazza, è preceduta da un portico a colonne.
L'interno, cui, oltre che dalle tre porte della facciata, si accedeva anche da due porte sui lati lunghi, è diviso in tre navate da colonne con arcate.

Il presbiterio, rialzato, era chiuso da una balaustra; al centro era l'altare, con incavo per le reliquie, e sormontato da un ciborio; nella navata centrale, poco avanti il presbiterio, è ancora in situ l'umbone ricavato da un blocco marmoreo già pertinente alla trabeazione del Capitolium.

Plutei marmorei e alcune colonne con croci e monogrammi rivelano chiaramente l'età della chiesa.

Ma la ricchezza e la bellezza di questa sono determinate soprattutto dai mosaici che ne decoravano per intero il pavimento, nella navata centrale, nelle laterali e nel presbiterio.

Di vivace policromia, quello della navata centrale (ora nel museo), dalle larghe volute di tralci di vite carichi di pampini e grappoli, in mezzo ai quali volano e scherzano uccelli variopinti, e che definiscono campi occupati dai più varî motivi: un pavone dalla larga coda gemmata dispiegata in tutta la sua magnificenza, una gabbia ecc.

Più semplici, ma non meno leggiadri i motivi delle altre parti del pavimento, tra cui quello della parte anteriore delle navate laterali con cipressetti stilizzati sormontati da una crocetta a braccia espanse: l'origine orientale di tutta questa decorazione è così palese ed accentuata da far pensare all'opera di artisti venuti direttamente da quelle regioni.


La terza basilica

Le due basiliche a nord del teatro, certamente più antiche, ci riportano nella loro disposizione a quella adattata nella basilica giudiziaria a sud del Foro. Anch'esse sorsero entro e al di sopra di edifici preesistenti, tra cui uno stabilimento termale e, la seconda, più piccola, in un edificio di analoga pianta basilicale, forse di carattere commerciale.

TEPIDARIUM
Le due chiese sono certamente coeve e, con l'ampio sepolcreto e le altre costruzioni annessse, costituivano verosimilmente un solo, grande complesso sacro, come tanti altri nell'Africa stessa (Cuicul, Theveste) e fuori (Salona); ambedue presentano un'analoga successione di due fasi costruttive. Sono ambedue rivolte con la fronte a levante.

 - La prima, la maggiore, è preceduta da un portico quadrangolare ed è internamente divisa in tre navate; il presbiterio, chiuso da un recinto, occupava la parte estrema della nave centrale, ed aveva in mezzo l'altare; l'abside, sopraelevata, era preceduta da due colonne sostenenti una specie di arco trionfale, e vi si accedeva da una scala aperta sul lato sinistro.

Il pavimento di essa, come quello dello spazio fra l'abside stessa e l'altare, è ornato di un mosaico, a motivi geometrici e vegetali, e l'iscrizione di un Fl(avius) Boni(fatius...) exceptor, che lo donò.

Due stanze si appoggiavano all'edificio dal lato meridionale, una contenente un battistero, l'altra servita come sagrestia. La costruzione originale, da datare in base a molteplici elementi,all'inizio del V sec.,  subì modifiche in età bizantina.

Con l'innalzamento di due nuovi muri, furono ristrette le navate laterali; l'abside fu sopraelevata con una scala dalla stessa navata centrale: un nuovo battistero fu sistemato entro una specie di ciborio decorato di pilastri intonacati, all'interno di alcune stanze situate a nord della basilica.

 - La seconda chiesa, più piccola, adiacente alla prima verso nord-est, era a tre navate con presbiterio e altare nella nave centrale. L'abside, sopraelevata, è fiancheggiata da due camere e chiusa esternamente da un muro rettilineo.

Anche intorno a questa chiesa si stendeva un cimitero; un altro era immediatamente a oriente del teatro.



LA CATACOMBA


LA CATACOMBA
Infine un cimitero suburbano, in forma di catacomba, fu messo in luce, pure da questa parte, a 500 m circa ad oriente del teatro: si tratta di varie gallerie con loculi nelle pareti e sarcofagi fatti di rozze lastre di pietra sul pavimento.

Taluni dei loculi hanno decorazione dipinta e iscrizioni; la presenza del monogramma nella sua forma originaria e l'assenza invece della croce monogrammata fanno assegnare la catacomba ad età piuttosto antica.



LA SALA CRUCIFORME

Attigua alla basilica, all'estremità del portico meridionale della piazza, fu costruita nel II sec. una sala cruciforme: nel braccio orientale di essa si apriva l'ingresso scandito da due colonne; negli altri tre bracci un podio, sporgente dalla parete, sosteneva due colonne sormontate da una trabeazione finemente scolpita.

L'uso di questa sala è sconosciuto, tuttavia nel IV sec. fu trasformata in ambiente per adunanze, assai simile nella disposizione interna alla curia

Sul lato di fondo fu ricavato il banco della presidenza, mentre, sulle due pareti laterali, aboliti i podî primitivi, furono disposti dei gradini: quale corpo o collegio vi si riunisse non sappiamo; infine in età bizantina vi fu sistemato un battistero.



L'ANFITEATRO

A meno di un Km dal sito, in direzione ovest, alla periferia della città, si trovano i resti dell'anfiteatro romano, posto nei pressi del teatro.

L'anfiteatro era, come spesso, fuori della città, dalla parte di oriente, sistemato nelle cavità di una precedente latomia, una di quelle che circondano quasi da ogni parte la città.

ANFITEATRO
I Sabratensi non disposero infatti di altri materiali per le loro costruzioni che della pietra arenaria ricavata dal suolo stesso: una pietra tenera e porosa, che tendeva a sgretolarsi all'esterno portandosi appresso l'intonacatura.

Da ciò il facile guasto dei monumenti hanno subito nei secoli, e soprattutto il rapido deterioramento cui anche oggi vanno soggetti i restauri più recenti. Un tempo erano più protetti perchè ricoperti di sabbia.

L'anfiteatro poteva ospitare circa 10.000 spettatori, con l'arena dove un tempo i gladiatori affrontavano gli animali selvaggi feroci, combattendo fino alla morte.
Un corridoio interno, costruito nel II sec. d.c. e coperto a volta, girava tutto intorno all'arena, comunicando sia con questa sia con le entrate principali alle estremità dell'asse maggiore; ai lati di queste entrate erano stanze ricavate dal terreno naturale di roccia e destinate alle gabbie degli animali e a deposito di macchinari.

Il piano sotto l'arena (m 65 × 49) era tagliato da due gallerie incrociantisi ad angolo retto; un passaggio coperto sboccava da sud nella galleria dell'asse minore.

Aveva l'asse maggiore in direzione est-ovest, e la cavea divisa verticalmente in due meniani.

Dall'esterno si poteva scendere, attraverso passaggi coperti ricavati al di sotto delle gradinate superiori, alla praecinctio di divisione tra i due meniani, o salire mediante scale al meniano più alto, le cui gradinate erano in parte probabilmente in legname.

Le gradinate sono abbastanza ben conservate e sono ben visibile le gallerie sotterranee utilizzate per far entrare le belve nell'arena.




EDIFICI PRIVATI

- Case e impianti di carattere industriale (presse per olive), ambienti per magazzini sono tornati in luce nel nucleo più antico della città, tra il Foro e il mare, e nel quartiere del teatro.

- case di età bizantina a sud del Foro. Una a sud ovest del teatro, e il suo orientamento, diverso da quello del quartiere circostante, fa supporre che sia precedente all'impianto di questo, cioè al II sec. d. c.

E' detta Casa del peristilio per un peristilio a colonne, che ne occupa il centro: di forma quadrangolare, ma con uno dei lati corti leggermente curvilinei, è circondato da colonne in pietra intonacate, con capitello corinzio.

Al di sotto di esso corre un criptoportico che dà accesso a camere sotterranee, pavimentate a mosaico; analoga alla disposizione di questo piano inferiore era quella del piano del peristilio, intorno a cui si distribuivano altre camere.

- Di nessuna delle case possediamo piante precise; sappiamo solo che, oltre che di mosaici nei pavimenti, erano ornate di pitture nelle pareti e nei soffitti: molti frammenti di queste sono stati recuperati e restaurati, e da esse le case stesse sono state denominate: Casa dell'Attore Tragico, Casa di Leda, Casa di Arianna, ecc. (v. oltre).




L'ACQUEDOTTO

Di un acquedotto che portava l'acqua nella città restano avanzi piuttosto modesti a S di questa; tali resti, che si seguono per qualche chilometro in direzione S-S-E, consistono in un canale a volta, costruito in muratura di terra e sassi, che di tratto in tratto è interrotto da piccole camere con pozzi di areazione.

Rinvenuta anche una piccola piazza colonnata, al centro della quale erano un altare e un'edicola ornata di pitture.



I MUSEI

Il sito è completato da due musei: il Museo Romano ed il Museo Punico.
Il primo contiene oggetti ritrovati nelle tombe di Sabratha, mosaici e statue. Notevole un busto di Giove.
Nel museo punico il reperto più interessante è una statua che rappresenta il Dio Bes.

Dopo una chiusura prolungata a causa di lavori di manutenzione e strutturale, Museo Sabratha è ora aperto al pubblico.
I due musei sono sorti sugli oggetti  rinvenuti durante gli scavi, come corredi funerari, monete, porcellane, mosaici del periodo bizantino, statue di epoca romana e reperti fenici.

Il museo, una volta era conosciuta come Sabratha Classica Museo romano, originariamente aperto nel 1932, poi è stato riaperto nel 1966, e ora nel 2009. 

Tuttavia, siamo stati in grado di accedere solo due gallerie (al luglio 2009), nonché l'ingresso.  
Ci sono altre tre gallerie che sono ancora chiuse e prevede di aprire a tempo debito.

Come si entra nel palazzo, la gallery in fondo al corridoio (l'ala meridionale) è la Chiesa, che ospita enormi pannelli a parete e pavimenti a mosaico dalla basilica cristiana di Giustiniano. 

Alcune delle statue e colonne vengono visualizzate all'aperto nel cortile, come quelle visibili tra le colonne d'ingresso (secondo da destra: Serapide).
Altri invece vengono visualizzati in sala come si entra nel museo. 

La sala galleria principale (aperto) contiene bellissimi affreschi murali bizantine, per lo più provengono da una casa privata di un ricco cittadino di antica Sabratha.
Inoltre pannelli di mosaico e statue provenienti da vari templi, tra cui il Tempio di Zeus e di Serapide.

La presentazione del sito archeologico di Sabratha ha una serie di fotografie fornite da Bridget Goldsmith e David Trump, a partire da uno dei mosaici ben conservati e una panoramica di una parte di una zona residenziale.

Segue una serie di immagini del teatro favoloso, con i suoi 3 piani fondale palco soppalco, e decorazioni riccamente scolpiti, tutti in pietra color oro.

Altre foto mostrano il tempio di Iside con le sue rierette colonne, in piedi accanto alla riva, seguito da una singola immagine del grande (ma piuttosto abbandonato), anfiteatro, situato a una certa distanza a est del capoluogo.

Torna nel centro della città la presentazione continua, mostrando alcuni dei mosaici, il lussuoso edificio latrina esagonale le Terme del Foro, e la raccolta di edifici pubblici al centro della città.

Tra questi anzitutto il Forum (con le sue colonne di granito) e l'adiacente Campidoglio, con la sua reeretta fila di colonne nella parte anteriore dell'edificio.

Passata per breve tempo al Regno di Numidia sotto Massinissa, Sabratha fu presa dai romani nel 46 a.c. sotto i quali godette molta prosperità e all'epoca dei Severi la città venne completamente ricostruita ed abbellita soprattutto grazie al fatto che l'imperatore Settimio Severo era nativo della vicina Leptis Magna.












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