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FALERII VETERES E NOVI (Lazio)

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FALERII NOVI - IL MUSEO
Falerii Veteres, era il nome una città dell'Etruria, appartenente alla cosiddetta Dodecapoli Etrusca. In seguito alla sua distruzione ad opera dei Romani, fu nuovamente ricostruita da questi in altro sito, con il nuovo nome di Falerii Novi.

Falerii o Falerii Veteres (ora Civita Castellana) era una delle dodici città principali dell'Etruria, situata a circa due km a occidente dell'antico tracciato della via Flaminia, ca. 50 km a nord di Roma. Secondo una leggenda, era stata fondata da coloni provenienti da Argo, infatti, come affermava Strabone, erano Falisci, una stirpe ben diversa dagli Etruschi come è stato dimostrato dalla lingua delle iscrizioni reperite in loco.

Secondo la leggenda fu il greco Halaesus o Aleso il fondatore di Falerii Veteres. Figlio di Agamennone, re di Micene, e della bella schiava di guerra Briseide, già profondamente amata da Achille ed a lui sottratta con forza per Agamennone, fuggì dopo l'uccisione del padre, approdò sulle coste tirreniche e risalì il Tevere sino a Falerii Veteres.
«Halaesus a quo se dictam terra falisca putat»
(Ovidio, Fasti (IV,73))

FALERII - TERRACOTTA DI ALESSANDRO MAGNO
Secondo lo storico Dionigi di Alicarnasso Falerii fu fondata dai Siculi, a cui successero i Pelasgi, la gente misteriosa venuta dal mare che vi si insediò amalgamandosi pian piano con gli oriundi.
E' probabile però che Falerii, trovandosi per secoli sotto l'influenza etrusca, abbia fatto parte, in epoca tarda, della lega etrusca, quando le prime locumonie dell'Etruria meridionale caddero contro Roma.

Le guerre fra Roma e i Falisci furono frequenti. Secondo una leggenda un maestro di scuola falisco voleva consegnare i suoi ragazzi a Marco Furio Camillo (446 a.c. circa – 365 a.c.) come ostaggi; ma questi rifiutò, e subito dopo gli abitanti della città, vista l'onestà e la sensibilità di Camillo, si arresero.  

Tuttavia i Faleriani non dovevano essere molto convinti della dominazione romana, perchè alla fine della prima guerra punica si sollevarono, ma la città fu subito riconquistata (241 a.c.) dai romani che per punizione le tolsero metà del loro territorio.


LA PORTA DI GIOVE
Ci furono ancora due guerre tra Falerii e Roma, vinte ovviamente dalle legioni romane. A seguito dell'ultima guerra, Falerii fu distrutta, ricostruita in pianura e battezzata Falerii Novi.

La ragione della sua ricostruzione stava nel fatto che i romani desideravano sempre, dopo aver sconfitto il nemico, dargli nuove e migliori possibilità di sopravvivenza e romanizzarli.

Pertanto la ricostruirono in pianura, dove gli scambi commerciali erano più facili e dove non c'era più bisogno di rifugiarsi sulle alture per difendersi dai nemici, perchè i nemici non riuscivano ad arrivare così addentro al suolo italico, e per giunta erano proprio le strade in pianura che permettevano un facile e più celere spostamento degli eserciti.

STATUA DI ARIANNA
Il perimetro della città era di 2.108 km, la sua forma è approssimativamente triangolare e le mura sono un esemplare notevolmente fine e ben conservato di architettura militare romana.
Secoli dopo si tornò al sito sull'altura, quando era caduto l'Impero Romano d'occidente e stava arrivando il buio e pericoloso medioevo.

Dopo questi eventi Falerii appare raramente nella storia. Divenne una colonia (Junonia Faliscorum) forse sotto Augusto. Ci furono vescovi di Falerii fino al 1033, quando cominciò la desertificazione del posto a favore del sito attuale e l'ultima menzione data al 1064.

Giovanni Zonara, uno studioso bizantino del XII secolo afferma che la città antica, costruita su una collina ripida, fosse stata distrutta ed un'altra costruita su un luogo più accessibile in pianura. La descrizione dei due luoghi concorda bene con la teoria diffusa che la città originale occupasse il sito dell'attuale ''Civita Castellana e che le rovine di Falerii Novi siano quelle della città romana che era stata così trasferita di ca. 5 km a nord-ovest".

RESTI DEL TEATRO DI FALERII NOVI

IL SITO

Il sito originale di Falerii è un pianoro, di circa 1100 metri x 400, a ca. 140 m s.l.m. come il territorio circostante, ma separato da gole profonde più di 60 m e collegato solo dal lato occidentale, fortemente fortificato con un terrapieno ed un fossato.

Il resto della città era difeso da mura costruite in grandi blocchi rettangolari di tufo, di cui ancora esistono dei resti. Nel punto più alto della città antica, detta Scasato, sono stati trovati i resti di un tempio nel 1888; altri ne sono stati trovati nel tempo.

Falerii aveva infatti una serie di sacri complessi, il più antico dei quali è rappresentato dal santuario di Celle, sorto in un luogo di più remota venerazione e che ebbe un lungo arco di vita dal periodo Orientalizzante sino ad epoca ellenistica.

Il tempio, che si innalzava su un podio e montava un ricco apparato di copertura costituito da terrecotte architettoniche policrome, presentava sul fondo una cella a pianta tripartita destinata alle statue di culto. Si ritenne di poterlo identificare con il tempio di Giunone Curite, detto tempio Celle, che della città era la somma Dea.

Altri santuari urbani si trovavano in località Vignale e Scasato: in contrada Vignale i templi dovevano essere addirittura due (tempio "grande" e tempio "piccolo"), costruiti in epoca arcaica (fine VI secolo a.c.) sopra un'altura nella quale sorgeva la città dalle origini elleniche.

LE ANTICHE MURA
Gli scavi del XIX secolo guidati dal Mengarelli e dal Pasqui scoprirono numerose terracotte architettoniche che potevano appartenere a una coppia di sacelli, oppure a un solo edificio più volte ridecorato nel corso del tempo. 

Sull'altura furono anche rinvenute due cisterne, una delle quali fu impiegata come scarico per le terrecotte templari cadute in disuso in concomitanza con l'abbandono del sito in epoca ellenistica. Dai depositi votivi provengono invece ex voto fittili per lo più a testa umana, sia maschile che femminile, nonchè parti anatoliche offerte in ringraziamento per l'avvenuta guarigione.

La divinità doveva anche proteggere le nascite, visti i piccoli votivi di infanti in fasce, mentre una coppa attica con iscrizione dedicatoria ad Apollo potrebbe indicare anche la presenza del culto al Dio. 

Una splendida decorazione ornava abbelliva anche il frontone del tempio cosiddetto dello Scasato (IV-III secolo a.c.), situato sul pianoro di Civita Castellana.


Il tempio di Giunone di cui ignoriamo la pianta, doveva comunque presentare una fronte con colonne a fusto scanalato stuccate e colorate. Aveva poi il suo bel frontone con terracotte policrome.

Fra le sculture in terracotta spicca l'immagine di Apollo, il quale occupava con la sua apparizione divina una delle placche frontonali che nel modello di tempio tuscanico nascondevano l'estremità, altrimenti a vista, dei travi angolari del tetto. La figura divina, con almeno altri sette personaggi, era protagonista di un episodio legato a un mito non identificato. 

L'elevato livello delle maestranze artefici del programma decorativo risente dell'ellenismo greco e dei suoi massimi rappresentanti nella scultura a tutto tondo (Lisippo, Skopas e Prassitele). 

Tali maestri si scorgono pure nei frammenti frontonali di un secondo tempio che sorgeva poco distante (in particolare una testa fittile di Zeus).

Queste costruzioni erano di legno, in genere misto a fango col tetto in argilla e con fini decorazioni di terracotta colorata. Anche se l'attribuzione è dibattuta, la presenza del tempio dedicato a Giunone, di epoca arcaica, è attestata da fonti documentali di epoca romana.


Durante il IV secolo a.c. l'imponenza del tempio di Giunone Celle si rivela anche attraverso il grandioso basamento sul quale era impostato l'alzato, articolato secondo la consueta tripartizione spaziale nel lato posteriore. Della decorazione frontonale, che forse riguardava entrambi i lati brevi dell'edificio, rimangono parti di alcune figure in terracotta. Anche l'altro santuario, quello dei Sassi Caduti, dedicato a Mercurio, per il quale fu scelto come luogo un terrazzamento naturale nei pressi del Rio Maggiore, fu al pari degli altri oggetto di cure continue, come documenta il fatto che il suo apparato di rivestimento in terracotta venne più volte sostituito. Frequentato almeno a partire dal principio del V secolo a.C. e fors'anche in precedenza, esso fu a lungo visitato sino ad epoca ellenistico-romana.

Numerose tombe tagliate nella roccia sono visibili da tutti i lati della città e vi sono state fatte scoperte importanti; molti oggetti provenienti sia dai tempi che dalle tombe sono nel Museo di Villa Giulia a Roma. Ritrovamenti simili inoltre sono stati fatti a Calcata, una decina di km a sud ed a Corchiano, una decina di chilometri a nord-ovest.

La via Flaminia non attraversava Falerii Veteres ma aveva due stazioni di posta nelle vicinanze, una ad Aquaviva, a circa 5 km a sud est ed una a Aequum Faliscum, ca. 6 km a nord-nord-est.

L'Aequum Falisco è molto probabilmente lo stesso sito Etrusco che G. Dennis (Cities and Cemeteries of Etruria) identificava con Fescennium, un'antica città falisca al confine tra Etruria e Lazio, forse vicina all'attuale Corchiano in provincia di Viterbo dove sono stati rinvenuti reperti dell'VIII secolo a.c.

Secondo lo storico Dionigi di Alicarnasso Fescennium fu fondata dai Siculi, vi si insediarono poi i Pelasgi ed infine i Falisci.

Fu a lungo la capitale dei Falisci, fiorì maggiormente nel VI secolo a.c. per una forte ellenizzazione, soprattutto dei coroplasti, gli artigiani produttori di oggetti o statue in terracotta. 

La città fu alleata degli Etruschi contro i Romani che ne occuparono il territorio nel 241 a.c. I suoi abitanti insieme a quelli della vicina Falerii Veteres (attuale Civita Castellana) furono trasferiti nella colonia di Falerii Novi.

A essa fa riferimento il grammatico Festo quando ci fornisce una delle possibili etimologie dello stile poetico dei versi fescennini in base alla quale essi fossero chiamati così perché nati proprio nella città falisca.



Durante il IV secolo a.c. l'imponenza del tempio di Celle si comprende anche per il grandioso basamento sul quale sorge l'alzato, con la consueta tripartizione sul lato posteriore. Della decorazione frontonale, che forse riguardava entrambi i lati brevi dell'edificio, rimangono parti di alcune figure in terracotta.
Anche l'altro santuario, quello dei Sassi Caduti, dedicato a Mercurio, per il quale fu scelto come luogo un terrazzamento naturale nei pressi del Rio Maggiore, fu più volte restaurato e rimaneggiato, come documenta il fatto che il suo rivestimento in terracotta venne più volte sostituito. Frequentato almeno a partire dal principio del V secolo a.c., se non prima, fu a lungo venerato fin oltre l'epoca romana.
Il sito archeologico della città etrusca dipende ora dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici per l'Etruria meridionale. È su una strada che forse potrebbe essere la via Annia (cfr. H Nissen, Italische Landeskunde, ii. 361), una deviazione della via Cassia; questa strada si avvicina da sud venendo da Nepet (Nepi), mentre il suo proseguimento a nord certamente prende il nome di via Amerina, la via che conduceva ad Amelia. 


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