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LUCARIA (19 - 21 luglio)

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BOSCO SACRO DI BOMARZO - SECOLO XVI
"Lucaria" era la festa dedicata ai boschi sacri. Lucus infatti significa bosco. I Romani distinguevano i boschi in sacri, divinizzati e profani. Sacri erano quelli in cui abitava un numen, divinizzati erano quelli che venivano sacralizzati dai sacerdoti a seguito di un evento portentoso avvenuto in quel luogo e profani erano tutti gli altri.

I boschi sacri, come quelli divinizzati, potevano essere liberamente attraversati, ma non si potevano tagliare alberi e neppure rami e non si poteva uccidere alcun animale che l'abitasse, perchè tutto era sacro al numen che l'abitava.

"Il bosco è misterioso, pieno di vita, ma anche di pericoli, lì la natura, che un tempo riempiva quasi tutta l'area di boschi, si esprimeva col suo lato accogliente per le bacche, le erbe e la legna per il fuoco e le capanne, ma anche col suo lato oscuro per le belve, il perdere la strada, i temporali e quella penombra dove il sole penetra con difficoltà.

Il lucus era come gli Dei della natura, benevolo ma a volte ostile o indifferente, dunque si doveva rendergli omaggio per ingraziarseli. Così gli si offrivano cibo, erbe odorose, preghiere, canti e danze. Le sacerdotesse furono le prime a contattare il mondo magico del bosco, e la loro religione fu un misto di scienza e magia, perchè dal bosco trassero le erbe da mangiare ma anche quelle medicamentose, nonchè i segni per i vaticini."

Nei boschi i soldati romani, sconfitti e perseguitati dai Galli, si ritirarono a consiglio il 19 luglio, in un bosco tra il Tevere e la Via Salaria.

BOSCO SACRO DI SEGNI

LE ORIGINI DELLA FESTA

- Secondo alcuni le Lucarie vennero istituite per celebrare le divinità dei boschi che, dopo la durissima disfatta subita dai Romani ad opera dei Galli il 18 luglio del 390 a.c. nella piana del fiume Allia, consentirono a numerosi superstiti di scampare al massacro. Infatti Roma venne saccheggiata dai Galli Senoni di Brenno nel 18 luglio, dies Alliensis, ma le Lucarie sottolineavano il ruolo positivo dei fuggitivi che si erano imboscati nelle selve intorno alla via Salaria, i quali poterono contribuire alla riorganizzazione dell'esercito che in breve tempo riconquistò la città.

- Secondo altri la festa era dedicata genericamente a tutti i boschi e le divinità boschive, in primis alla Dea Lucae, patrona dei boschi. Si trattava di quei gruppi di alberi che venivano lasciati intatti dopo il disboscamento di un'area (lucus), e che veniva dedicato ad una divinità. Ma il lucus non erano gruppi di alberi, erano boschi veri e propri. Vero è che dentro Roma vennero rosicchiati dalla speculazione edilizia che riusciva spesso a rimpicciolire i lucus per fabbricarvi case.

- Per Ovidio è festa consacrata a un asilo che Romolo avrebbe fondato nei pressi del Tevere. In effetti secondo lo storico Lucio Calpurnio Pisone, l'Asilo era posto sotto la protezione del Dio Lucoris, nome evidentemente foggiato sulla parola lucus, ad indicare il Dio del bosco, come da silva derivò Silvanus, Dio della selva. Sembra però che fosse locato nell'odierna piazza del Campidoglio, quindi non dovrebbe avere a che fare col Lucus della via Salaria.

Sia Livio che Plutarco menzionano il Lucus Petelinus  a proposito del giudizio contro Marco Manlio. Da prima i comizi si erano radunati nel Campo Marzio, ma poi, avendo Manlio additato il Campidoglio, che dal Campo Marzio si scorgeva, e "da lui salvato nella precedente invasione gallica", i tribuni consolari, temendo che il popolo a tale ricordo si commuovesse, trasportarono la sede del giudizio in luogo da cui il Campidoglio non fosse visibile, scegliendo il bosco Petelino.
Tito Livio dice che il bosco si trovava extra portam Flumentanam, cioè presso il Forum Olitorium, tra l'odierno ponte Rotto e ponte Quattro Capi. Anche qui si sostiene che il bosco che salvò i militari romani si trovasse presso il Campidoglio, niente a che fare con la Salaria.

LA DEA PORTATRICE DI LUCE

IL SIGNIFICATO

Gli antichi romani avevano questo motto: "lucus a non lucendo" (lucus deriva dal non lucere), cioè: il bosco si chiama così perché non ha luce. In effetti il bosco è in penombra a causa delle chiome degli alberi che riparano il sole, ma proprio per questo consentono di "vedere" l'ombra. E' la stessa ragione per cui i culti lunari hanno preceduto nella storia i culti solari.

La luna era come il bosco, aveva una fioca luce che consentiva di vedere nelle zone buie, mentre il sole fuga totalmente le tenebre. Così il bosco consentiva la suggestione delle zone buie all'interno dell'uomo, con i suoi fantasmi e soprattutto con la paura della morte.



INNO A ISIDE

Perché io sono colei che è prima e ultima
Io sono colei che è venerata e disprezzata,
Io sono colei che è prostituta e santa,
Io sono sposa e vergine,
Io sono madre e figlia,
Io sono sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono donna sposata e nubile,
Io sono colei che dà alla luce e colei che non ha mai partorito,
Io sono colei che consola dei dolori del parto.
Io sono sposa e sposo,
E il mio uomo nutrì la mia fertilità,
Io sono madre di mio padre,
Io sono sorella di mio marito,
Ed egli è il figlio che ho respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono colei che dà scandalo e colei che santifica.

(Inno a Iside - rinvenuto a Nag Hammadi, Egitto -  III-IV secolo a.c.)

Dunque il bosco era un po' il Sacro Mistero, con la Dea che può accogliere e proteggere ma può anche dare la morte. Cosa spinse i romani a radunarsi a consiglio nel bosco presso la Salaria dove già si rifugiarono per sfuggire ai Galli? Il fatto che quel bosco misterioso li avesse salvati dall'inseguimento dei galli. Il bosco era ignoto ai Galli ma pure ai romani,  nel senso che era impossibile orientarvisi, così fuggendo i romani vi si erano avventurati scongiurando la Dea di occultarli e il "miracolo" o la "fortuna" avvenne.

Pertanto i romani festeggiavano i boschi come luoghi di Dee o Ninfe protettrici, e nei giorni delle Lucarie la festa si svolgeva nei boschi sacri di Roma vale a dire nei luci posti entro le mura:
- Lucus Vestae, sulla Via Nova,
- Lucus Strenuae, sulla Via Sacra,
- Lucus Asyli, sul Campidoglio,
- Lucus Robinigis, sul Pincio,
- Lucus Bellonae, sul Campo Marzio,
- Lucus Feroniae in Campo, tra la via Salaria e la Pinciana, che potrebbe essere il lucus in cui si rifugiarono i superstiti romani fuggiti dai Galli,
- Lucus Loretae, sull'Aventino.
- Lucus Saturni, presso il Circo Massimo,
- Lucus Furinae, presso il ponte Sublicio,
- Lucus Albionarum, in Trastevere.



LA FESTA

I sacerdoti addetti ai luci si recavano con il popolo in processione e dopo preghiere e benedizioni staccavano i rami fronzuti dagli alberi consegnandoli al popolo accorso insieme ad un ramo secco raccolto da terra. Il ramo fronzuto veniva poi esposto nelle case mentre quello secco veniva bruciato nelle cucine, forse per cuocere un pane particolare ma non ve ne è certezza.

Si appendevano nastri e ghirlande nel bosco e nei templi, e la gente si cingeva il capo con ghirlande di foglie e fiori e in quel giorno si portavano cibi e bevande che si consumavano nei boschi. Una piccola parte di quel cibo, come del vino recato, si offriva alla divinità locale lasciandolo cadere a terra. prima del tramonto del sole si abbandonava il bosco per tornare alle case.

In quanto alla Dea Lucae non ne sono rimaste tracce, ma sicuramente venne assorbita dalla Dea Diana, detta anche Lucina, il cui tempio si conserva oggi a Roma sotto la chiesa dei SS. Apostoli, dove è riemerso attraverso gli scavi archeologici, l'antico tempio.

Recentemente la festività è stata simbolicamente ripristinata dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, con eventi e spettacoli ambientati nell'area archeologica di Crustumerium, a circa 15 Km da Roma.

Festa delle Lucarie nell’area archeologica di Crustumerium promossa dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio. Il 19 luglio 2018 il sito ospiterà un evento culturale nel giorno dell’antica festività delle Lucarie. Le celebrazioni vennero istituite per ringraziare le divinità dei boschi che, dopo la durissima disfatta subita dai Romani ad opera dei Galli il 18 luglio del 390 a.c. nella piana solcata dall'Allia, consentirono a numerosi soldati romani di scampare al massacro.

In seguito a questa sconfitta Roma fu espugnata dai Galli Senoni di Brenno e subì un disastroso saccheggio. La data del 18 luglio, dies Alliensis che corrispondeva appunto alla battaglia del fiume Allia fu sempre considerata infausta dai Romani.


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